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Il Succorpo della Cattedrale di Bari, recentemente restaurato ed aperto al pubblico nell’estate 2010, è stato proposto come meta di una gita di Club dal Governatore del Distretto 108AB dott. Rocco Saltino al Presidente del Lions Club Foggia Umberto Giordano, il dr. Ettore Gaudiosi, nella primavera del 2010, durante i preparativi dell’anno sociale.

Da questa idea di partenza è stato sviluppato un programma di visita della Città vecchia (Museo Diocesano, Cattedrale, Basilica di San Nicola, Piazza Ferrarese, Via Venezia) e pranzo al Ristorante Don Juan (sul lungomare tra San Giorgio e Torre a mare).

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NOTE sul Succorpo della Cattedrale di Bari

Nel 1292 la cattedrale di Bari, una struttura destinata a diventare una delle icone più celebri e rappresentative del capoluogo, riceve la sua definitiva e meritata consacrazione grazie al costante impegno di uomini di chiesa, uomini famosi passati alla storia, come Bisanzio, Nicola I, Andrea II e Rinaldo, che hanno pazientemente ricomposto i cocci della terribile distruzione con cui Guglielmo I il Malo punì la città più di un secolo prima.

Passano molte centinaia di anni, e alcuni studiosi, affascinati dall’imponenza della struttura romanica, che nel frattempo si era impreziosita con suppellettili marmoree, dipinti e meravigliosi affreschi, decidono di studiarne ogni aspetto: simbolo del crescente interesse in questo ambito è la pubblicazione nel 1884 della prima monografia sulla Cattedrale di Bari. Un esempio su tutti è quello dell’ingegner Fantasia, che, superando persino l’assenza delle necessarie fonti oggettuali, riuscì, con la sua esperienza di tecnico, a ricostruire la Cattedrale in pianta, compreso il suo succorpo, ed è qui che la nostra storia si fa interessante.

Iniziamo col precisare che il succorpo è un vasto ambiente che si estende sotto i due terzi della navata centrale ed è strutturato a tre navate separate da pilastri quadrati su cui scaricano volte a crociera edificate con piccoli blocchi irregolari di pietra disposti a spina di pesce. Secondo Pina Belli D’Elia, illustre studiosa del romanico pugliese, quest’area della cattedrale è certamente da ricollegarsi alla chiesa fatta edificare nel 1034 dal vescovo Bisanzio o, meglio, dal suo successore Nicola, collocandosi quindi in un’epoca anteriore all’attuale edificio, edificato dopo la distruzione del precedente da parte del normanno Guglielmo il Malo. La sistemazione invece del succorpo con pilastri e volte a crociera, secondo la studiosa, sarebbe più tarda e riconducibile all’arcivescovo Elia che al tempo del ritrovamento delle reliquie di S. Sabino nel 1091 è verosimile ne abbia fatto un luogo di culto.

Se gli studi e quindi gli scavi dedicati a tutto il complesso della cattedrale nel corso del tempo soccomberanno a uno sfortunato destino fatto di interruzioni, guerre e abbandono, ancora più infelice è la sorte che attende la storia degli studi sul succorpo a essa connesso: solo alla fine degli anni sessanta (quindi oltre 40 anni fa), i lavori furono finalmente riavviati, e portarono al ripristino di una piccola porta del lato Sud. Ma il succorpo non fu comunque accessibile, in quanto il tempo impietoso lo aveva ridotto a un luogo tutt’altro che presentabile: un lago di acqua e fango con tanto di resti umani e rifiuti ricopriva interamente il suolo e, quel che è peggio, troneggerà indisturbato sino al 1973, anno in cui avrà luogo una prima purificazione del luogo e una sistemazione mediante alcuni sostegni ai pilastri. Finalmente fu possibile scoprire un vero tesoro, ingiustamente oscurato per secoli: un mosaico pavimentale in corrispondenza della navata della cattedrale che reca un disegno geometrico con alla base una iscrizione. Questa importante quanto agognata scoperta non mancherà di fomentare dibattiti e tesi storiche controverse e degne di un romanzo giallo, non solo per la mancata coincidenza tra l’iscrizione, che reca il nome del vescovo Andrea, la cui biografia è situata storicamente intorno all’ VIII secolo, e la presumibile datazione dell’opera (V sec.), ma per la misteriosa presenza di una Rota al centro dell’opera, esattamente identica ad un’altra, che si trova all’interno di una chiesa non datata nella grande città greca di Patrasso.

Ma l’apertura al pubblico ha richiesto ancora anni di lavori: solo nel 2009 si decise, infatti, di musealizzare il succorpo creando un percorso che passa attraverso la cripta per poi uscire, tramite una apposita scaletta, nella piazzetta adiacente. Appositi pannelli illustrativi e vetrine con frammenti di reperti di varie epoche consentono inoltre di acquisire informazioni più approfondite sulla storia del luogo. Alla base dei pilastri della costruzione è stata invece inserita una struttura a igloo che la proteggerà e al tempo stesso permetterà ai visitatori di osservare questo capolavoro dimenticato per troppo tempo. I recenti lavori di restauro, ai quali hanno partecipato esperti restauratori nel campo dell’architettura, del mosaico, storici dell’arte e archeologi, hanno innanzitutto consentito di rilevare una stratificazione più complessa del previsto: infatti sono emerse anche tracce romane di un lastricato e di un raffinato pavimento che una iscrizione ritrovata sul luogo farebbe ricondurre ad un edificio pubblico forse legato al Foro.

La presentazione ufficiale del restauro è avvenuta il 30 Maggio 2010, giorno in cui finalmente è stata aperta al pubblico non semplicemente una parte fondamentale della cattedrale barese ma della storia e identità cittadina, che ha ricevuto la sua giusta attenzione e valorizzazione.